La storia di Palazzo Caracciolo risale all’epoca angioina quando Carlo II d’Angiò fece erigere un castello nel punto in cui sorgerà Palazzo Caracciolo Santobono nell’area della Carbonara dove si tenevano giochi gladiatorii, giostre e tornei. Nel 1309 il re Roberto d’Angiò donò il castello a Landolfo Caracciolo ma a una condizione che nei giorni di giochi il re occupasse il palazzo per godere degli spettacoli e quindi che nessuno osasse edificare un palazzo più alto così da non ostacolarne la vista.
Nel 1383 venne ordinata la cessazione dei giochi e laddove si combatteva venne edificata la chiesa della Pietatella, che oggi si vede all’angolo con la Chiesa di San Giovanni a Carbonara. Nel 1442, con Alfonso d’Aragona, il palazzo Caracciolo diventa sede del tribunale del Sacro Regio Consiglio. Nel 1648 Enrico di Lorena, Duce e Protettore della Serenissima Real repubblica Napoletana, durante la rivoluzione detta di Masaniello, volendo alloggiare più vicino al cuore della città, scelse il palazzo abbandonato di don Ferrante Caracciolo Principe di Santo Buono. Il 6 aprile dello stesso anno il palazzo venne saccheggiato durante la rivoluzione e così il duca di Lorena lo abbandonò per ritirarsi in Puglia. Sedati i tumulti, il palazzo tornò ai Caracciolo Santobuono.
Oggi il palazzo è la sede di uno degli alberghi più belli di Napoli
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Famija di Daniele Galliano
L'opera Famija è composta da sette vasi in ceramica dipinta realizzati in collaborazione con FACC (Faenza Art Ceramic Center).
"I vasi di Galliano ci osservano, ci ascoltano e ci parlano.
Tutti e sette sono pronti a iniziare un rito tribale, un rito sacro che ha una mappatura sui corpi segnati dalle forme di “Anything” (opera dello stesso artista) e da alcune tracce preziose color oro.
Il pittore, come gli antichi ceramografi, riserva a se stesso il ruolo esclusivo di raccontare le sue visioni surreali in bianco e nero che conferiscono dinamicità alle scene rappresentate.
Vasi antropomorfi come lo erano i vasi canopi egizi ed etruschi ma attualizzati per funzionare da oggetti tra il design e l’arte contemporanea.
A questi contenitori monumentali, preziosi, raffinati e unici l’artista assegna un appellativo specifico per ciascun membro della Famija: Listulo, Lastaia, Pistaia, Astulo, Pastaia, Anciulo e Pinciula."
Elena Ragusa
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Daniele Galliano
in collaborazione con Galleria Antonella Villanova
"Ho imparato a dipingere guardando i grandi artisti che mi hanno insegnato a ritrarre i volti, le nuvole, le montagne e il mare. Mi hanno insegnato a dipingere la realtà, ma anche a superarla e sublimarla, così come a ritrarre il dolore, l’ introspezione psicologica e calore. Francis Bacon mi ha insegnato che un volto sfigurato è più interessante di uno un volto intatto. Dopo aver imparato a dipingere un volto perfetto, ho cercato di ritrarlo lasciando che il dipinto stesso diventasse il protagonista.
Lascio che le pennellate si scontrino l’una con l’altra, cambiando i lineamenti dei soggetti. Mi interessa l’essenza di un volto e le emozioni che può trasmettere. Sono toccato e voglio che la mia arte susciti emozioni.
Questo dovrebbe essere il ruolo dell’arte, suscitare emozioni."
Daniele Galliano
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FACC (Faenza Art Ceramic Center)
Faenza Art Ceramic Center è un centro internazionale che si dedica alla promozione e alla valorizzazione dell’arte e della ceramica in particolare.
Un centro di riferimento per attività formative, di ricerca dei materiali e un ente che organizza eventi culturali attorno al mondo della ceramica
il centro si trova a Faenza , città di antica tradizione ceramica, conosciuta in tutto il mondo per le “Faenze”, maioliche finemente decorate che generazioni di artisti e artigiani locali hanno saputo creare ed elevare a un livello internazionale.